Recente riscoperta tra i tanti vini bianchi della Regione Emilia-Romagna, che annovera dal classico Chardonnay dei colli di Parma fino al Trebbiano di Romagna, cresce in quantità, migliorato negli ultimi anni in qualità, il Pignoletto dei colli bolognesi.
Vitigno autoctono, mai dimenticato dai viticoltori dell’Appennino a ridosso della grassa Bologna, già citato da Plinio il Vecchio, che però non ne decantava le qualità, è di nuovo in testa alle liste dei vini dei più prestigiosi ristoranti e delle migliori enoteche del territorio e non, in tutte le sue accezioni: fermo, frizzante, classico, superiore e passito.
La sua origine, scritta nel DNA che lo accomuna al Grechetto di Todi, è la penisola ellenica, portato dai primi coloni greci alla conquista del nostro meridione.
Vinificato sia fermo che frizzante, dividendo così a metà i suoi estimatori tra pro e contro le bollicine, giallo paglierino sfumato di verde, si propone come il vino più adatto per la convivialità, accompagnando salumi e piadina o le tipiche crescentine fritte, da bere fresco per apprezzarne al meglio i sentori di fieno, di gelsomino e di camomilla che spesso vengono utilizzati per il sovescio nei vigneti e ne contaminano i profumi e i sapori.
Insomma, un vino perfetto per ogni pasto dal contenuto alcolico non troppo elevato che ne consente un consumo generoso.
La città di Bologna dedica al Pignoletto, insieme ai vini provenienti dai colli limitrofi, l’evento annuale denominato Mostra Assaggio dei Vini DOC dei Colli Bolognesi, occasione perfetta per gustare tutte le prelibatezze gastronomiche provenienti dalla provincia emiliana.